Intervista alla vincitrice-Laura Fossa

La seconda edizione del Premio Carlo Annoni, nel 2019, ha visto come vincitrice in lingua italiana Laura Fossa, con il suo testo Shalom, il quale, come ci ha raccontato l’autrice stessa nell’intervista, tratta di Amore Universale.

Durante la sua carriera Laura Fossa ha seguito il corso di teatro condotto dall’attrice e regista Franca Fioravanti, dal 2014 al 2018 i corsi di teatro delle “Officine Teatrali Bianchini” e, dall’ottobre 2013 a oggi, le lezioni di scrittura drammaturgica “In aria sottile” tenuti dal drammaturgo Marco Romei.

Inoltre è stata tre volte vincitrice del Concorso Nazionale di Poesia “Luigi Cardiano” con la poesia La Maschera nel 2014, la poesia Psichedelia nel 2015, e il soggetto teatrale intitolato Il Giardino nel 2016.

Tra i suoi testi messi in scena, Il Giardino nel 2017 dalla Compagnia Teatrale “Officine Teatrali Bianchini” e diretto da Alberto Bergamini, e nel 2019 Shalom al Teatro dei Filodrammatici nel contesto del Festival “Lecite/Visioni”, promosso dallo stesso Premio Carlo Annoni.

Secondo te che cosa non comprende ancora oggi il pubblico riguardo alla diversità e quindi perché è così importante dedicare un premio drammaturgico a questo tema?

La diversità, in ogni sua forma e in ogni campo dell’esistenza, di primo impatto spaventa. Sempre. E la ragione è perché non si conosce. Poi quando ci si avvicina, si analizza e si vede che non c’è nessun pericolo si trasforma in quotidianità. È quindi importante dedicare un premio a questo tema proprio per farlo conoscere, per diffonderlo, per fare capire che la diversità, come è naturale che sia, esiste, ma che tutti siamo uguali di fronte all’Amore e che tutti abbiamo il diritto di viverlo in totale libertà senza nasconderci, senza rinunciare, senza negarlo, senza uccidere noi stessi.

Ci puoi raccontare un piccolo aneddoto riguardo alla tua vittoria?

Ho ricevuto la mail di Corrado che mi annunciava la vittoria quando mi trovavo ancora in ufficio. Sono corsa in sala riunioni dove sapevo che non avrei trovato nessuno, ho aperto la finestra e ho urlato di gioia. La gente che passava in strada ha tirato su la testa e i miei colleghi sono corsi a vedere se stavo bene. Avevo vinto il primo premio. Per me è stato come vincere un Oscar!

Che cosa ha significato per te la vittoria del Premio Carlo Annoni?

Per me vincere il Premio Carlo Annoni ha significato davvero tanto. Sono fiera di questa vittoria. La giuria era formata da nomi illustri della scena drammaturgica e letteraria, nazionale e internazionale, ed essere stata giudicata dagli esperti di settore la migliore tra tanti altri autori e testi di grande valore non poteva e non può che rendermi orgogliosa di aver vinto. Mi ha dato l’opportunità di poter far conoscere a più persone la storia di Shalom, una storia a cui tengo molto e che parla d’amore. Di Amore Universale.

Quali consigli potresti dare ai drammaturghi rispetto alla creazione di un testo?

Il primo consiglio che posso dare è che non serve solo sapere scrivere bene e voler raccontare storie ma bisogna apprendere la tecnica della scrittura drammaturgica attraverso tanti esercizi, leggendo testi teatrali di tutte le epoche, mettendoli a confronto e  analizzandoli a fondo. Conoscere i drammaturghi e sapere captare i loro segreti; come per esempio la teoria di Mamet, che attraverso tre leggi fa si che la storia si racconti da sola. Per quanto riguarda la parte creativa, che è quella che più mi piace, non ci sono regole fisse ma seguo quello che sento dentro: vedo i personaggi, l’ambiente in cui si muovono e le musiche che fanno da sfondo, e le dita scorrono sulla tastiera  descrivendo quella scena che io in quel preciso momento sto vivendo. Io sono sul palco e sono ognuno di loro. Posso sentire il loro cuore agitarsi, correre veloce, calmarsi, spegnersi anche. Percepisco i loro gesti ancora prima che li compiano. Sono loro che mi dettano la storia e io la seguo, semplicemente. Ho scritto di tanti personaggi e tutti diversi, con problemi e situazioni lontane da me anni luce e le ho vissute tutte senza perdermene neanche una. Shalom è nato in maniera naturale, fluida. Mentre lo componevo vedevo Shalom muoversi sul palco, agitarsi, gioire, ridere e soffrire, e tutto questo lo facevo insieme a lui. Non importa che la storia sia vera o inventata, per me Shalom, Jack e Jenny esisteranno sempre.

Che cosa ti aspetti dal futuro, dopo la situazione mondiale che stiamo vivendo?

Ho imparato a guardare non troppo in là nel futuro perché altrimenti si perde di vista il presente. Mi auguro che l’umanità abbia capito che noi uomini non siamo invincibili e che solo andando tutti nella stessa direzione si possono cambiare davvero le cose. Nello specifico per quanto riguarda il teatro mi auguro che presto si possa ritornare a raccontare storie e ad ascoltarle. Perché è anche di questo che l’anima si nutre.