LA “DEVIANZA” RISPONDE CON UNA LETTERA INDIRIZZATA A MELONI
Cara Giorgia Meloni,
mi giunge voce che lei abbia parlato di me, denigrandomi, facendo credere che io sia un errore, qualcosa di rotto che vada aggiustato. Vorrei spiegarle che è l’esatto opposto.
Mi presento: sono la Devianza.
Io esisto da sempre ed è grazie a me che anche lei esiste.
Provi ad arrivare in fondo a questa lettera e capirà.
All’inizio dei tempi, c’erano delle cose minuscole che voi oggi chiamate cellule. Le cellule si replicavano identiche a loro stesse. Per sopravvivere avevano immaginato che bastasse lasciare tutto com’era, figli identici ai genitori per così dire. Era una soluzione possibile e per un po’ funzionò, ma al primo cataclisma le cellule furono spazzate via, perché potevano sopravvivere solo a patto che il mondo intorno restasse immobile. Ma, mi creda, niente resta immobile (lo imparerà presto anche lei). Ed è qui che intervengo io. Le poche cellule “devianti”, quelle che al posto di replicarsi mischiarono i loro patrimoni genetici, sopravvissero. Da allora, qualunque cosa viva, lo deve a me, la Devianza dalla replicazione di un identico passato.
Lo disse benino un buffo omino inglese di nome Carlo, sono quelle “devianze” che a prima vista paiono errori a garantire la sopravvivenza delle specie. Si chiama capacità adattiva, si chiama intelligenza, si chiama in molti modi, ma alla fine sono sempre io che lavoro dietro le quinte, la Devianza.
Deviarono le prime scimmie per acquisire caratteri umanoidi, e deviarono i vostri antenati quando lasciarono l’Africa del sud dove abitavano da millenni per rischiare e conquistare il resto del mondo.
Ed è grazie a continue devianze, il letto di un fiume per irrigare, la corsa dei pesci per pescare che siete riusciti a prosperare.
Persino il pensiero è una devianza, l’ennesimo strumento adattivo oltre, non so, al pollice opponibile, che ho donato alla vostra specie e che la rende differente dagli animali, strumenti che vi servono per rimanere vivi.
Mi dicono che lei si professa cristiana. Sono contenta. Vede, la religione che lei professa in qualche modo l’ho inventata io. Se Cristo non mi avesse dato retta, non avesse deviato dalla tradizione dei padri, non avrebbe creato una religione tutta sua. Fu un perfetto deviante il caro Gesù. Ma, non si angusti, se anche lei si fosse professata ebrea non sarebbe cambiato granché: Abramo deviò a sua volta dalla tradizione che lo circondava, lasciò la sua casa e il suo paese per seguire una voce che continuamente gli diceva “devia”. E così Mosè quando lasciò l’opulento Egitto per il deserto. Tutto sommato, prima che diventino una raccolta di norme e tradizioni, le religioni nascono da un’idea deviante.
Lei dunque, signora Meloni, è geneticamente deviante, religiosamente, lei, è deviante. Né potrebbe essere diversamente. Perché lei è umana prima di essere qualunque altra cosa, e in quanto umana lei deve a me, la Devianza, la sua intera esistenza.
Mi dicono che lei si professa italiana.
Ah l’Italia, la patria della devianza (Le piace o la disturba l’idea che “patria” e “devianza” si fondano nella storia dell’Italia?) Cosa sarebbe l’Italia senza i suoi geni? Senza l’arte. Beh, non c’è artista degno di fama che non abbia frequentato le mie stanze. Deviarono tutti dalle varie tradizioni precedenti per creare qualcosa di nuovo e di sorprendente. Se fossero rimasti nel solco del passato, stareste ancora a imbrattare caverne (sebbene anche quel primo gesto fu potente e deviante a sua volta). Giotto deviò e introdusse i sentimenti nella pittura. Michelangelo deviò e introdusse il furore nell’arte. Caravaggio deviò e introdusse la luce e l’ombra nei suoi quadri. Potrei andare avanti all’infinito. L’arte italiana è certamente una storia della devianza. Ma devianza sono le scoperte scientifiche che costantemente mettono in discussione il già noto e lo reinventano. Devianza sono le idee di popolo e di nazione, un perenne ridefinirsi che nasce da inesauribili migrazioni di… devianti, di gente cioè che, rispondendo alla mia chiamata, lascia il noto per l’ignoto. L’America d’oggi è nata dal doloroso reimpasto di migranti europei con gli indigeni di quelle terre. E l’Europa a sua volta è nata dal rimescolio di popoli migranti da ogni dove. E non c’è confine nazionale che non sia arbitrario e deviante, perché scelto per interesse da gruppi di individui in un dato momento storico. La sua e mia amata Italia è una delle nazioni più devianti della storia perché più a lungo di altre ha rimescolato i propri confini e molto tardi e a fatica ha trovato un certo, precario senso di coesione nazionale.
E la lingua che lei parla? L’italiano? Forse, non ce n’è un’altra al mondo che sia più figlia della Devianza. Un genio, Dante, deviò dalla tradizione e reinventò il più volgare degli idiomi facendolo diventare da sera a mattino poesia, e delle più alte mai create.
Cos’ha, dunque, lei, signora Meloni, contro la Devianza, contro di me, contro il fondamento della storia, della genetica, dell’evoluzione, perfino della fede?
Tutto quello che lei ama o crede di difendere è figlio mio, prodotto della Devianza.
E sono figli miei quei ragazzi nelle scuole che lei vorrebbe correggere con qualche ora di ginnastica in più. Li ho già visti questi miseri trucchetti in passato. Io amo i miei figli, e siete tutti figli miei perché per quanto vi affanniate, è la follia, lo scarto, l’inciampo, il dubbio, l’errore che vi permettono di migliorare e in ultima analisi di essere umani. I ragazzi soprattutto sono una mia risorsa, perché sono più capaci di reinventre il mondo, metterlo in discussione, offrire idee di futuro e, io credo, è proprio per questo che chi ha paura di me, come lei signora Meloni, ha paura dei giovani e vuole metterli “in riga”.
L’ho vista ridere, qua e là, della mia lettera, credendola chissà semplicistica, faziosa? Sa come nasce il riso? Da una improvvisa “devianza” dal ritmo del quotidiano. Ogni sorriso è meravigliosamente deviante. Ecco, accolga il riso che è il cuore della mia opera nel mondo. Io sorrido sempre, di ogni maldestro tentativo di tenere immobile la vita.
Voglio svelarle un segreto: le piacciono i fiori? Anche i fiori, lo dico in un sussurro, non sono che foglie che hanno deviato e si sono specializzate per la moltiplicazione delle piante. Che ridere, eh?
Ci pensi la prossima volta che sorride, la prossima volta che le regalano un fiore. Uno dei mille che ho voluto, ognuno meravigliosamente deviante dall’altro, come tutto in questo universo, compresa lei.
La Devianza.
(Scusate, l’ho scritta perché non ho il telefono della signora, se no gliel’avrei cantata al cellulare. Alberto)