Non mentirò: negli anni del liceo, l’antica Grecia era il mio asso nella manica per vincere le discussioni con gli omofobi. Insomma, caro il mio Xx_Onore&patria86 che fai hating nei forum, come pensi di convincermi che “i gay hanno rovinato la società”, se una delle epoche più prosperose della storia era notoriamente queer friendly?
Tra le prove a mio favore c’era tuttavia un’assenza importante: il teatro. Nel teatro della Grecia classica sembrava non esserci spazio per eroi omosessuali o bisessuali, che invece sovrabbondavano nella poesia e nell’epica. Non che queste lacune interessassero il buon Xx_Onore&patria86, ma ci rimanevo un po’ così.
Il libro L’omosessualità nella Grecia antica (1979), di K.J. Dover, si dilunga infatti in esami approfonditi dei pochi frammenti rimasti della poesia antica, come quelli di Teognide per l’amato Cirno e di Anacreonte per Batillo, ma non accenna quasi all’arte drammatica. È un controsenso pensare che l’amore omosessuale fosse largamente accettato, ma che non venisse rappresentato in scena: del resto, i greci vedevano il teatro come uno strumento promotore dei valori della società, fondamentale per l’educazione del cittadino che aveva addirittura il dovere di assistervi.
In realtà, tra i grandi tragediografi, quello che si è più avvicinato a parlare esplicitamente di omosessualità è Euripide. C’è un però: non l’ha fatto come autore, bensì come personaggio ne Le donne alle Tesmoforie di Aristofane, che era solito parodiare personalità note nelle sue opere. Le battute che il commediografo di Atene gli mette in bocca nel parlare del collega drammaturgo Agatone, alla nostra sensibilità di oggi, sembrano uscite da un articolo di Vittorio Feltri.

Quindi la situazione si ribalta? Non solo il teatro greco non era pro LGBT+, ma addirittura omofobico?
Una recente pubblicazione del prestigioso Carleton College dice di no: le frecciate rivolte al povero Agatone non attaccano il suo orientamento, ma l’apparenza effeminata e la posizione di “passività”, sia sessuale, sia emotiva. Già questo basterebbe quindi a tacciare Aristofane forse di machismo, ma non di omofobia tout court: non dimentichiamo, tuttavia, che la commedia spesso non ha un eroe con cui si identificano i valori del pubblico. Euripide e l’ancor più “bigotto” servo vengono spesso ridicolizzati, a volte proprio per la loro ossessione per la mascolinità.
Sembra insomma che tra il IV e il V secolo a.C. l’omosessualità fosse abbastanza accettata da scherzarci perfino su. Il primo autore di teatro LGBT+ della storia, da ciò che sappiamo oggi, scriveva commedie. La riflessione che lasciamo questa settimana ai partecipanti del premio è quindi: si può parlare di diritti, omofobia e discriminazione, anche attraverso una risata?